Tuesday, December 7, 2010
Cablegate
Il “criminale” Assange ci sfida ad essere noi stessi
L’arresto di Julian Assange è un banco di prova per i paesi coinvolti, che poi sono quelli dell’occidente democratico: gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Svezia. Paesi che, con giusta ragione, vantano una storia che sta dalla parte dello stato di diritto. Almeno un po’ più che le varie Russia, Cina, Iran (e di certo più dell’Italia, almeno in prospettiva storica).
Eppure, fin dall’inizio di questa caccia all’uomo, c’è stato un silenzio complice di media, leader e partiti politici, intellettuali. Anche dei più libertari, anche di quelli con lo sciopero della fame sempre pronto. Una soddisfazione non detta, che non si fa dichiarazione. Tutti d’accordo che il pirata salga sulla “forca”. Tutti a tirare un sospiro di sollievo che si chiuda il rubinetto del “bullshit” e che si torni a un bel clima di indiscrezioni reciproche, veicolate dai siti di gossip comunemente riconosciuti e segretamente da tutti finanziati e
nelle mani delle macchine del fango riconosciute e di rito accettato (pensateci, Wikileaks, all’improvviso e per qualche giorno, ce ne ha liberato. Assange è il disintermediatore della macchina del fango. Se il segreto non è più tale, è il fango stesso che si secca alla luce benefica della trasparenza, dove esistono responsabili, non perseguitati e persecutori).
Fa tanta paura il pirata ugalitario che non ha riguardi per nessuno, da farci concordare tutti con l’idea che, insomma, questo qui prima lo mettiamo a tacere e meglio è? Sì, è un banco di prova questo arresto di Julian Assange: nel momento in cui l’occidente delle democrazie e dello stato di diritto si trova di fronte ad una trasgressione del tutto nuova, che propone una rivoluzione del concetto di informazione. Questo “criminale” ci sfida ad essere ciò che diciamo di essere.
E il suo lavoro dovrà essere trattato secondo i principi della libertà di espressione: non con il terrorismo informatico di stato su base planetaria, cui si è dato libera strada in questi ultimi giorni. Altrimenti, alla fine di tutta questa vicenda, cosa differenzierà l’America dalla Russia? L’Inghilterra dalla Cina o dall’Iran? E’ così estraneo alla storia delle democrazie che il cambiamento arrivi attraverso movimenti e pratiche che si presentano all’inizio come strappo e delitto? Rosa Parks non violava la legge? Gandhi non era un criminale per la giustizia inglese?
Dobbiamo davvero credere alla fola dell’accusa per stupro e quindi accettare un’estradizione che alla fine porterà Assange in mano agli “intervistatori” specializzati della Cia, ai “riprogrammatori”, ai tormentatori di stato? E Wikileaks è solo una questione di pirateria o questo caso parla del nostro futuro democratico?
L’occidente avrebbe dovuto finanziare Assange, perché creasse reti simili in Russia, Cina, Iran, veri e propri nuclei di resistenza e di sovvertimento civile delle dittature sulla base delle armi di informazione di massa. Altro che imitare gli stati canaglia dove i giornalisti sono uccisi e i blogger incarcerati.
Una parola a parte per le aziende “internet”, come Amazon, Paypal ed altre che in questi giorni hanno contribuito a stringere la morsa attorno a Wikileaks. Gli utenti della rete dovrebbero fare un pensiero, su quanto meritino ancora, queste organizzazioni, la fiducia di noi consumatori e delle nostre carte di credito.
Sono domande improponibili per chi perlomeno “non impedisce” che nel suo paese i giornalisti vengano ammazzati appena toccano il potere, per chi ha inventato il più grande sistema di filtri e delazioni di massa o per chi semplicemente tratta una manifestazione di studenti come un esercito d’invasione. Incomprensibile anche per i loro amici, alleati, gentili ospiti da questa parte del mondo. Incomprensibili anche per i ministri che delirano di “11 settembre” della diplomazia, tradendo con un lapsus retorico quello che hanno in mente per gli autori delle rivelazioni. Ma sono questi principi l’abc delle democrazie e della libertà che diciamo di rappresentare.
La lama di rasoio sulla quale i governi occidentali si muovono da quando, nei primi anni ‘90, internet è diventata piattaforma dello scambio di massa di informazione e esperienza, oggi ci appare in tutta la sua pericolosità: qui, oggi, possiamo evitare, in nome della sicurezza, di ricorrere a legislazioni repressive, censure, filtri schedature – con questa spazzatura legislativa tutti i governi occidentali civettano da anni e dopo Assange si sentiranno autorizzati a proporcela come unica via per salvare il mondo, cioè loro stessi, dalla disintermediazione delle loro macchine del fango proprietarie.
http://zambardino.blogautore.repubblica.it/2010/12/07/la-sfida-di-assange-alloccidente-ci-credi-nella-liberta/?ref=HRER3-1
Assange, la strada per l'estradizione
Assange, la strada per l'estradizione
La giustizia britannica ha negato al founder la possibilità di essere rilasciato su cauzione dopo l'arresto. I possibili scenari sul suo trasferimento dalla Svezia agli Stati Uniti. Visa e Mastercard tagliano i ponti finanziari verso il sito
Roma - Julian Paul Assange rimarrà in carcere, almeno fino alla sua prossima apparizione al cospetto della giustizia britannica. A stabilirlo è stato il togato Howard Riddle, che ha negato al founder di Wikileaks la possibilità di essere rilasciato su cauzione. Il trentanovenne di origini australiane resterà così in cella fino al prossimo 14 dicembre, dato uno stile di vita fortemente votato al nomadismo.
Come sottolineato dallo stesso giudice Riddle, ci sarebbero fondati motivi per ritenere che Assange possa non ripresentarsi più in aula, di fatto sfuggendo all'iter processuale che potrebbe concludersi con la sua estradizione in terra svedese. Il founder di Wikileaks si è consegnato questa mattina alla polizia di Londra, arrestato "su appuntamento" dopo l'accusa di molestie sessuali e stupro da parte delle autorità di Svezia.
La strada per l'estradizione.
In seguito alle formalità di rito, Julian Assange è tornato a respingere qualsiasi accusa nei suoi confronti, negando il suo consenso all'estradizione in terra svedese. Il team legale del founder ha sottolineato come le stesse autorità di Svezia non abbiano fornito dettagli sufficienti a dimostrare la sua effettiva colpevolezza. Il timore è che Assange possa venir privato dei suoi diritti e sottoposto ad un processo non affatto equo.
Stando ai tempi standard delle procedure dibattimentali britanniche, il founder di Wikileaks dovrebbe presentarsi per una full hearing entro 21 giorni dall'arresto. Qualora venga estradato in Svezia, Assange rischierebbe successivamente un nuovo trasferimento in terra statunitense. Dal 1960 Stati Uniti e Svezia fanno valere un trattato di cooperazione in casi come quello di Assange.
Alcuni ostacoli potrebbero però rallentare - se non bloccare - l'iter. Il trattato tra i due paesi non prevede infatti reati come quelli indicati dalle autorità a stelle e strisce, che hanno accusato Assange di violazione dell'Espionage Act e dunque di aver attentato alla sicurezza nazionale. Un secondo impedimento potrebbe essere causato dal fatto che le attività del founder di Wikileaks siano avvenute al di fuori del territorio statunitense.
E qui potrebbe profilarsi all'orizzonte un caso molto simile a quello che aveva coinvolto l'hacker Gary McKinnon, reo di essersi intrufolato nei sistemi informatici statunitensi. Come McKinnon, Assange potrebbe ricadere in qualche modo tra le grinfie della giurisdizione a stelle e strisce. I legali del founder hanno già sottolineato come tutto questo abbia a che fare con oscure trame politiche e non con le reali accuse mosse nei confronti del loro assistito.
Finanziamenti bloccati.
Ieri a muoversi sono state le autorità svizzere, che hanno bloccato un conto postale in precedenza aperto da Assange. Ufficialmente, il founder avrebbe fornito false generalità. Le società statunitensi Visa e MasterCard hanno poi provveduto a bloccare qualsiasi trasferimento di denaro verso il sito delle spifferate, in attesa di ulteriori sviluppi nelle indagini.
"Posso usare una carta Visa o Mastercard per il pagamento di pornografia e per supportare i fanatici anti-aborto - ha commentato Jeff Jarvis sul suo blog - per supportare i bigotti omofobici della Proposition 8 e il Klu Klux Klan. Ma non posso usarle per supportare Wikileaks, la trasparenza, il Primo Emendamento e la vera riforma di governo".
Tra blocchi e apparizioni di massa.
Le autorità della Tunisia hanno annunciato il blocco del sito Wikileaks e di tutte quelle fonti alternative relative alle rivelazioni riguardanti il paese africano. Per tutta risposta, gli attivisti di Nawaat.org hanno aperto un sito chiamato Tunileaks - versione locale del sito delle spifferate - già inserito dal governo di Tunisi in una speciale blacklist di siti anti-governativi.
Nel frattempo, lo stesso Assange ha annunciato via Twitter la nascita di più di 300 mirror site di Wikileaks. Calchi perfetti del sito delle spifferate, che dovrebbero impedire il blocco delle pubblicazioni in caso di ulteriori attacchi verso il sito madre. Il team di Wikileaks ha sottolineato come le attività continueranno nonostante il recente arresto di Assange.
"Le società democratiche hanno bisogno di mezzi d'informazione forti, e Wikileaks è uno di questi - si può leggere in un articolo scritto da Assange e pubblicato su The Australian - Essi contribuiscono a far sì che i governi rimangano onesti. Wikileaks ha rivelato alcune scomode verità sulle guerre in Iraq e in Afghanistan e ha divulgato per primo le notizie sulla corruzione delle grandi multinazionali".
"Esistono guerre giuste - ha continuato Assange - C'è chi ha detto che io sono contro la guerra. Per la cronaca, non è così. A volte le nazioni devono andare in guerra, e di guerre giuste ce ne sono. Ma niente è più sbagliato di un governo che mente ai suoi cittadini su quelle guerre e poi chiede agli stessi cittadini di rischiare la propria vita e le proprie tasse per quelle menzogne. Se una guerra è giustificata, allora che si dica la verità, e i cittadini decideranno se appoggiarla".
Mauro Vecchio
fonte: http://punto-informatico.it/3052284/PI/News/assange-strada-estradizione.aspx
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